Dopo la felice risoluzione del caso Asia Bibi e malgrado alcuni positivi sviluppi, la situazione riguardante la legge sulla blasfemia e il suo abuso ai danni delle minoranze religiose continua a essere preoccupante
«È una donna solida con un forte carattere e molta determinazione, aiutata di sicuro dalla sua incrollabile fede». Con queste parole la giornalista Anne-Isabelle Tollet, autrice di “Finalmente libera!” descrive Asia Bibi, nome con cui è diventata conosciuta Aasiya Noreen, imprigionata per nove anni nelle carceri pakistane con l’accusa di blasfemia.
La sua storia, già raccontata nelle pagine di Polizia e Democrazia (n. 191 e n. 196) ha poi avuto una risoluzione positiva e ora la donna, dopo anni di inaudite sofferenze, vive in Canada. La vicenda, che ha avuto ramificazioni politiche nazionali e anche internazionali, ha visto l’intervento diretto del presidente Imran Khan. «Lo conoscevo e ho avuto fiducia in lui – ha raccontato in un’intervista Skype Anne-Isabelle Tollet – almeno l’uomo che ho avuto modo di conoscere non era certo un alleato degli islamisti. Sicuramente ha mostrato apertura verso la giustizia e la libertà che sono state assenti nel caso di Asia Bibi e ha salutato la liberazione di questa donna dopo la decisione della Corte Suprema che ha in questo modo mantenuto il suo ruolo di potere esecutivo».
Tollet ha visto nella liberazione di Asia Bibi un sicuro segnale di speranza per il futuro. «Può essere un precedente importante. Anche se dopo una lunga ed estenuante lotta, il fatto che la Corte Suprema del Pakistan abbia finalmente reso giustizia è un segnale significativo».
La stessa Asia Bibi, lo scorso aprile è intervenuta via Zoom durante la presentazione dell’ultimo Religious Freedom in the World, pubblicato ogni due anni da Aid to the Church in Need, un’organizzazione cattolica. «Abolite la legge sulla blasfemia o prevenite il suo abuso» ha dichiarato Bibi, appellandosi direttamente al presidente Imran Khan.
Gianni Verdoliva