La sfida della multiculturalità, del fenomeno migratorio, delle discriminazioni razziali. Le race riots di quest’estate sono ben radicate nella storia socio-politica inglese ma hanno a che fare anche con l’uscita dal mercato unico europeo. Da Margaret Thatcher a Nigel Farage, una panoramica sull’Inghilterra pre e post-Brexit
L’ultima settimana di luglio 2024, nel Regno Unito, si sono verificati disordini a sfondo razzista. Gruppi di cittadini britannici bianchi hanno assaltato le proprietà e i luoghi di aggregazione dei loro concittadini di origine africana e asiatica, prendendo in particolare di mira le comunità musulmane. Il culmine è stato raggiunto con l’incendio di alcuni centri di accoglienza per rifugiati a Rotherham, sobborgo di Sheffield, sull’onda della notizia, poi rivelatasi falsa, che tre bambini, a Southport, vicino Liverpool, erano stati accoltellati da un rifugiato di religione musulmana. Le indagini hanno in seguito rivelato che l’accoltellatore era un cittadino britannico, di origine ruandese, ma nato e cresciuto in Galles. “Race riots” I fatti di Southport, con le conseguenti rivolte razziste (race riots), hanno scatenato i commenti degli opinionisti nostrani, populisti e liberali che fossero. Sul Corriere della Sera, uno degli editorialisti di punta ha insistito sull’origine musulmana e sulla necessità di affermare la superiorità della cultura occidentale. Altri hanno insistito sull’irriducibilità dei migranti alla cultura europea, legittimando le proteste contro i migranti e rifugiati sia in termini di accoglienza che, naturalmente, sventolando la bandiera dell’insicurezza. Un processo di costruzione della paura dei migranti che fa leva anche sul….
di Vincenzo Scalia – Università di Firenze