Quest’anno sono trascorsi 260 anni dalla pubblicazione di “Dei delitti e delle pene”, scritto nel 1764 da Cesare Beccaria e considerato ancora oggi tra i testi più autorevoli della storia del diritto penale. Quanto tristemente emerso a Milano nell’istituto per minorenni che porta il suo nome è l’occasione per trattare alcuni aspetti storici e giuridici relativi alla tortura

L’aspetto beffardo di quanto accaduto mesi fa a Milano, dove un’operazione condotta dal reparto regionale del Nucleo investigativo centrale della Polizia penitenziaria, su mandato della Procura di Milano, ha interessato – tra arrestati, indagati, perquisiti – 41 tra personale del Corpo, psicologi, sanitari, educatori e due ex direttrici, è che il nome dell’istituto penale per minorenni di via Calchi e Taeggi è quello di Cesare Beccaria.
Nonno materno di Alessandro Manzoni, considerato uno dei padri della teoria classica del diritto e della criminologia, il marchese Cesare Beccaria Bonesana nel 1764 diede alle stampe “Dei delitti e delle pene”, un libro nel quale l’affermazione della ripulsa della pena di morte, del rifiuto di trattamenti inumani e degradanti, dell’importanza della funzione rieducativa della pena, della distinzione fra peccato e reato, della presunzione di innocenza, rappresentano i postulati sui quali si fonda la tutela dei diritti delle persone nei Paesi democratici.

La protezione dei diritti dell’essere umano

Questa tutela ha poi trovato un chiaro riconoscimento con: a) la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, scaturita nel 1789 dalla Rivoluzione francese; b) l’affermazione solenne, da parte del presidente americano Franklin D. Roosevelt ne1 1941, delle quattro libertà fondamentali, individuate nelle libertà dal bisogno e dalla paura e nelle libertà di religione e di stampa; c) la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata con…

di Antonio Mazzei