Un giorno insolito al centro antiviolenza “Penelope”
Adina arriva alle 10, con un fare diverso dalle donne che si presentano al centro antiviolenza. Si siede, accavalla le gambe e mi dice: lunedì sono libera.
Adina lo ripete, non so se per dirlo a me o per renderlo reale a sé stessa: lunedì sono libera, è finita la mia detenzione, torno a casa.
È così che inizia a parlare: ho scontato la mia pena per rapina (non capisco se lo dica così o al plurale). Avevo 24 anni quando mi sono data clandestina e per questo mi hanno condannata in contumacia. Mi hanno dato un botto di anni, definendomi la capa del gruppo. Mi ci vede Lei a 24 anni a comandare un gruppo di uomini che avevano più di 40 anni di età? I giornali mi hanno definita la “Calamity Jane”.
Adina sorride divertita, i suoi occhi sono bellissimi, due stelle che illuminano la stanza. E prosegue il suo racconto.
La cosa più difficile della mia vita è stata la clandestinità. Ogni volta che passavo una frontiera dimagrivo di 2 chili, fino a quando mi hanno arrestata e portata nella prigione di Stadelheim in Germania, è lì che mi hanno arrestata. Il Carcere in Germania è bellissimo, una pacchia rispetto a quello italiano!
Io seguo il suo racconto e osservo la bellezza che emana Adina, la sua aurea che zampilla libertà. Dentro di me il godere di quelle parole che mi sta regalando. Con fatica freno la curiosità di domandare cosa si prova tre giorni prima del fine pena.
Carla Centioni