Dopo l’importante iniziativa di studio sull’istituzione della figura professionale del perito linguista forense, svoltasi al Senato della Repubblica Italiana l’8 novembre scorso, pubblichiamo un approfondimento su un aspetto centrale e delicato del rapporto tra linguaggio e diritto: la gestione dell’interrogatorio e la corretta formulazione delle domande nei procedimenti penali

L’interrogatorio nell’attuale normativa

In Italia il procedimento penale, normato dal c.p.p., ha il duplice scopo di tutelare per un verso la società e, per l’altro, i diritti dell’imputato. A tale scopo, l’attuale modello giuridico del nostro Paese stempera gli elementi inquisitori e garantisce la difesa dell’imputato separando i ruoli giudiziari e le varie parti processuali. Sono infatti previste due fasi: quella delle indagini preliminari, che consiste nella ricerca delle prove, e quella del dibattimento, in cui si formano le prove. In questo modo la verità dei fatti va accertata grazie alla contrapposizione tra le varie parti (Giudice, Pubblico Ministero e difesa) e non ricade sulle spalle di un unico giudice istruttore, che in passato da solo le ricercava, le acquisiva e le valutava.
Le indagini preliminari, dirette dal PM col supporto della P.G., consistono nella fase investigativa vera e propria, durante la quale si ricercano le prove in relazione alle quali il PM deciderà eventualmente se archiviare il caso o rinviare a giudizio l’indiziato. Dal punto di vista normativo, quindi, il PM è uno dei protagonisti principali del procedimento penale, perché svolge attività di accusa e di investigazione nei confronti dell’indagato. I processi d’investigazione riguardano anche la P.G. o perché il PM non ha ancora assunto…

Di Roberta Melazzo – Università degli Studi “Guglielmo Marconi”

Le domande nell’istruzione dibattimentale

L’esame testimoniale costituisce il nucleo centrale del processo penale di tipo accusatorio ed il c.p.p. indica con gli artt. 498 e 499 i comportamenti di domanda ammessi nella fase di esame e di controesame.
In particolare, l’art. 498 individua chi può fare domande, il PM e l’avvocato difensore di parte civile, e solo successivamente le altre parti, nell’ordine indicato dall’art. 493, mentre l’art. 499 esclude dai comportamenti ammessi nella fase di esame e di controesame le domande nocive ai fini della ricostruzione della verità. Così recita: “Sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte” e, poco più avanti, a proposito della fase di controesame, “Nell’esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte”.
Le domande tendenziose sono, quindi, vietate in ogni caso, sia nell’esame che nel controesame, in quanto tendono a manipolare la libera espressione del teste, mentre quelle suggestive solo in fase di esame. Questo perché in questa fase dell’interrogatorio si deve…..

di Franca Orletti – Università degli Studi Roma Tre