Dalla visione secessionista di Bossi al sovranismo di Salvini: un progetto di tradizione leghista che attraversa gli anni, dall’affermazione della “Padania” all'ingresso nel panorama nazionale. Nelle viscere della politica dei leader e alle alleanze di potere, il percorso dalla ribellione settentrionale al sovranismo nazionale si rivela attraverso il prisma della storia politica italiana recente, delineando una nuova prospettiva sul futuro del Paese

    Cinquantamila furono le persone che, con bandiere in spalla sventolanti il logo del Sole delle Alpi – simbolo della Padania – e in testa cappellini verdi, si riversarono sulle sponde del fiume Po. Era il 16 settembre 1996 e i sostenitori della Lega Nord italiana, provenienti da tutto il Nord Italia, si radunarono per sostenere la marcia di Umberto Bossi in nome dell’indipendenza del suo “stato” di Padania da un’Italia che, a suo dire, rallentava il prosperante Settentrione a causa di un Sud fannullone.
    Il viaggio sulle sponde del fiume, che simboleggia la separazione geografica tra la “gallina dalle uova d’oro lombarda” e la massaia romana che le raccoglie per poi mangiarle, durò 650 chilometri e tre giorni. La destinazione finale del leader secessionista era Venezia, dove il fiume Po sfocia nel mare.
    Lungo tutto il percorso, attraverso le aree industriali e agricole più ricche d’Italia, i sostenitori più accaniti della Lega Nord si radunarono per comizi e pic-nic. Bossi venne accolto all’ultimo comizio da una folla tumultuosa che si infervorò ancor di più quando Bossi proclamò “l’indipendenza e sovranità della Padania” grazie ai “popoli della Padania” convenuti sul grande fiume e a Venezia dall’Emilia, dal Friuli, dalla Liguria, dalla Lombardia.
    Per il Leader secessionista era una questione di “sacro onore” per una repubblica federale italiana. Il suo discorso sull’indipendenza era bellicoso ed era esattamente ciò che la folla voleva sentire. Dai sostenitori della Lega Nord si alzarono grida inneggianti “l’Italia non c’è più” e ancora “Roma ladrona, la Lega non perdona”. Il culmine del comizio che si tenne a Venezia, in Riva degli Schiavoni, fu la sostituzione della bandiera tricolore con quella……

    di Riccardo Sacchi