A vigilare sul riciclaggio, le frodi, le appropriazioni indebite ora è operativa l’EPPO, la nuova Procura europea che vigila sui soldi del Recovery fund e indaga sui reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione
Dal 1° giugno 2021 è operativa la Procura europea, ufficialmente denominata con la sigla EPPO, dall’inglese “European Public Prosecutor’s Office”. Costituisce il primo organo europeo con compiti investigativi diretti. Le attuali agenzie europee Eurojust ed Europol svolgono un ruolo di coordinamento e di facilitatore tra gli uffici investigativi dei singoli Stati membri, invece la Procura europea realizza direttamente le indagini, esercita l’azione penale, formula l’imputazione, dispone il rinvio a giudizio e segue il procedimento giudiziario anche nel corso delle udienze dibattimentali, con le medesime funzioni dei pubblici ministeri nazionali. Il ruolo innovativo della Procura europea emerge anche dalla previsione di un rapporto diretto tra la polizia giudiziaria nazionale e i procuratori europei delegati, senza la necessità di una mediazione da parte dei pubblici ministeri nazionali.
La Procura europea ha competenza in quattro ambiti (previsti nella c.d. Direttiva PIF, Protection of the Financial Interests): riciclaggio, corruzione, appropriazione indebita e frodi che ledano gli interessi finanziari dell’Unione europea. Inoltre, è competente anche per le organizzazioni criminali che siano incentrate sulla commissione di uno o più dei reati menzionati. La Procura europea indaga sia sulle frodi che incidono sulle entrate dell’Unione, come le frodi doganali e le frodi IVA, sia sulle frodi che incidono sulle spese dell’Unione, come le sovvenzioni e le risorse utilizzate per gli appalti. A causa delle frodi IVA, sovente perpetrate da organizzazioni criminali, la Commissione europea stima che le perdite di gettito nell’ambito dell’Unione europea siano pari a diverse decine di miliardi di euro all’anno.
La competenza in merito a tutti i reati citati, eccetto le frodi IVA, spetta alla Procura europea anche se il reato è commesso in un solo Stato membro, dunque anche per reati non transnazionali, purché il reato leda gli interessi finanziari dell’Unione europea. La Procura europea introduce un nuovo modello nel contrasto al crimine che la Commissione europea già auspica di ampliare anche ad altri reati.
Inoltre, la Procura europea è competente anche per i reati “indissolubilmente connessi” (“inextricably linked”): una locuzione che si presta a interpretazioni più o meno flessibili e dalle quali dipenderà un ampliamento, o al contrario una limitazione, della sfera di competenza della Procura europea. La magistratura nazionale, come emerge anche dalle prime circolari di Procure italiane, fornisce interpretazioni restrittive del concetto di reati “indissolubilmente connessi”, al fine di ridurre l’ambito di competenza degli investigatori europei. Eventuali conflitti di competenza saranno risolti, sul piano nazionale, dal Procuratore generale della Corte di Cassazione e, a livello europeo, dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Un ulteriore elemento di significativa novità è costituto dalla presenza di uffici della Procura europea in ciascuno dei ventidue Stati che vi hanno aderito. In Italia la Procura europea ha nove sedi dislocate su tutto il territorio nazionale (Bari, Bologna, Catanzaro, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia), con un organico di venti pubblici ministeri italiani, oltre al personale amministrativo. La Procura europea ha la sede centrale in Lussemburgo ed è guidata dal magistrato Laura Codruța Kövesi, primo procuratore capo europeo, divenuta nota negli scorsi anni per avere coordinato delle complesse inchieste su casi di corruzione di importanti esponenti politici del suo Paese, la Romania.
Alla Procura europea non hanno aderito cinque Stati dell’UE: Polonia, Ungheria, Svezia, Danimarca, Irlanda (sono detti Stati “out EPPO”). Tale differenziazione rischia di creare delle significative disomogeneità nel contrasto delle frodi all’interno dell’Unione europea, avvantaggiando i gruppi criminali.
Dalle originarie difficoltà alle attuali priorità
La Procura Europea è stata paragonata a una fenice, un uccello mitologico noto per la peculiarità di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte. Può sembrare un paragone ardito che però denota bene il travaglio giuridico e politico alla base dell’istituzione del primo ufficio giudiziario investigativo europeo. La nascita della Procura europea è stata annunciata, ostacolata, riproposta, bocciata, rinviata, poi rilanciata e, infine, istituita. A differenza che nella mitologia, in questo caso la fenice è rinata, ma a costo di compromessi e accordi difficili da raggiungere. Il fascino del mito della fenice ha dovuto cedere il passo alla realtà dei negoziati umani: accordi complessi tra Stati gelosi delle proprie prerogative e timorosi di perdere la propria sovranità in ambito penale. D’altronde, per molti secoli, l’esercizio del potere in materia penale è stato considerato dimostrazione di sovranità nazionale. La prospettiva è progressivamente mutata e l’istituzione della Procura europea è un ulteriore tassello per una trasformazione culturale e giuridica che è destinata a cambiare significativamente i rapporti nel sistema giudiziario dell’Unione.
Elia Minari