Parla l’avvocato e giornalista antifascista torinese, ultracentenario, che patì il carcere fascista. Nella Resistenza era il partigiano “Elio”. Maestro di libertà e di battaglie civili, ai giovani dice: «Studiate la storia»

    Polizia e Democrazia ha intervistato un antifascista della prima ora e di prima grandezza, Bruno Segre, 103 anni, figura storica e carismatica del nostro Paese, uno degli ultimi protagonisti rimasti dell’epica Lotta di Liberazione dal nazifascismo, un personaggio poliedrico e autorevole: avvocato (civilista e penalista), giornalista, partigiano e politico. Una persona coraggiosa, controcorrente, sagace, combattiva. E instancabile. La sua vita, lunga ed intensa, è contraddistinta da un costante e tenace impegno civile per il bene comune e contro ogni sopruso.

     

    Un maestro di libertà

    Bruno Segre, nato a Torino il 4 settembre 1918, simbolo di voce schietta, critica, fuori dal coro, è da sempre un uomo coerente, dalla schiena dritta. Un maestro di libertà. L’antifascismo lo respira fin da subito in famiglia. Suo padre Dario, agente di assicurazioni, è ebreo e socialista. Sua madre Ottavia Vincenza Avondo, cattolica, è una sarta. Al liceo “Alfieri”, il giovane studente Bruno non ha timore di confutare le affermazioni degli insegnanti: al tempo della guerra d’Etiopia ad esempio – avendo letto articoli di un giornale francese che arrivava a Torino – ha la forza di contraddire una professoressa. Viene perciò accusato di antifascismo e cacciato dalla classe. All’università è allievo di Luigi Einaudi: si laurea in giurisprudenza nel giugno 1940 (mentre suo padre è al confino a Rocca di Mezzo in Abruzzo) con una tesi su Benjamin Constant, teorico del liberalismo, proprio nei giorni dell’attacco italiano alla Francia. A Bruno Segre, ritenuto ebreo dal regime, la pratica legale in uno studio “ariano” viene impedita dalle leggi razziali (razziste, fasciste) come pure l’iscrizione ad un ulteriore corso di laurea in altra facoltà (egli avrebbe voluto laurearsi anche in scienze politiche e sociali).

    Marco Scipolo