La capacità di utilizzo dell’intelligenza artificiale è il campo su cu si misurerà l’equilibrio tra potenze nello scacchiere internazionale. Il summit sull’AI tenutosi a Parigi il 10 e l’11 febbraio 2025 ha segnato un importante punto di svolta, con l’emergere di due visioni contrapposte di intervento dello Stato nello sviluppo dell’intelligenza artificiale: l’approccio statalista cinese contro quello neoliberista statunitense
Il summit di Parigi 2025: una svolta nel dibattito sull’intelligenza artificiale
Ormai ci sono pochi dubbi sul fatto che l’intelligenza artificiale (abbreviato: AI) sia la nuova frontiera del confronto geopolitico tra Potenze, grandi o medie che siano. Il summit, tenutosi al Grand Palais di Parigi tra il 10 e l’11 febbraio, è la terza conferenza internazionale tenuta sul tema, dopo quella ospitata dal Regno Unito nel 2023 e l’AI Summit di Seul del 2024, e ha segnato una svolta importante.
Occorre, però, un doveroso disclaimer: queste conferenze, non sono summit puramente politici, ma ospitano, oltre ai leader delle varie nazioni, anche studiosi, noti keynote speakers, che presentano studi sull’argomento, e rappresentanti di varie start up e grandi aziende di innovazione tecnologica, per le quali le conferenze rappresentano un’importante occasione di stringere nuove partnership.
Anche al summit di Parigi, dunque, non sono mancate discussioni sulle implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale, così come discussioni approfondite sulle nuove frontiere tecnologiche, ma dal punto di vista politico si sono osservati tre importanti punti di discontinuità rispetto al passato. Rispetto ai summit precedenti, infatti, il focus politico si è spostato dal tema della regolamentazione a quello dell’investimento. L’altro cambiamento strutturale riguarda l’emergere di due differenti modelli di investimento nel mondo dell’AI, con un cleavage che si è venuto a ….
di Valeria Carmen Caputo