Dall’entusiasmo alle disillusioni negli anni che seguirono la legge 121: l’ultimo racconto in prima persona di un ex poliziotto e protagonista del movimento democratico
Nonostante le minacce di ritorsione aumentate a dismisura dai vertici ministeriali e dai politici di destra aumentavano anche le lettere indirizzate alla rivista “Nuova Polizia” nel periodo compreso tra il 1975 e il 1980. I poliziotti continuavano a denunciare situazioni insostenibili, soprattutto se riconducibili a condotte dei loro superiori, i quali a loro volta commettevano dei reati inerenti all’impiego del personale, in compiti non di istituto e, spesso, di emarginazione sui posti di lavoro. Vennero alla luce così numerosi episodi indecenti, che rivelavano veri e propri indecorosi sfruttamenti della cosiddetta “truppa”.
Debbo sottolineare che mentre mi stavo preparando ad affrontare l’esame orale per passare al grado di Maresciallo, poi superato brillantemente grazie a un impegno e a uno studio approfondito delle materie di esame, il capo gabinetto dell’epoca, nel corso di un dialogo di servizio, mi chiese chi mi scrivesse gli articoli che aveva letto su “Nuova Polizia”. Gli risposi tranquillamente che non mi serviva nessun aiuto esterno in quanto la penna scorreva facilmente pur non essendo in possesso di un diploma.
Dopo mesi e mesi di intoppi tecnici, fortunatamente nel luglio del 1980, dopo un serrato dibattito, si giunse a votare alla Camera il disegno di legge nr.895 intitolato “Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza”. Una legge nata dalla mediazione tra i vari partiti politici che vide, chiaramente, aspri scontri. I comunisti sottolinearono che la proibizione a iscriversi ai partiti politici era legata a vecchie concezioni dello Stato che favorivano i sindacati autonomi e che la proibizione dei rapporti con le confederazioni era una menomazione della libertà sindacale, che violava di fatto la Costituzione. Anche i radicali criticarono l’assenza di una volontà di riforma globale del comparto sicurezza, la quale poteva permettere una effettiva unificazione delle molte polizie del Paese e che avrebbe risolto il grave problema del coordinamento.
Orlando Botti