Il “braccio maldestro della legge” è amato dal pubblico perché è un poliziotto politicamente scorretto
Diluvio di pallottole tipico dei più classici film western; pioggia di sangue come in Henry: Portrait of a Serial Killer di John McNaughton; rovescio di parolacce da far invidia al maresciallo Nico Giraldi del compianto Tomas Milian; musiche da atmosfera noir composte da Pio ed Aldo De Scalzi, due musicisti genovesi che hanno realizzato le colonne sonore di molte produzioni televisive di successo degli ultimi tre lustri: tutto per un poliziotto che sfugge ai tanti luoghi comuni frequentati da diversi suoi colleghi televisivi.
Le quattro puntate dell’ottava stagione de L’ispettore Coliandro, andate in onda da mercoledì 22 settembre (in contemporanea, nelle prime tre settimane di programmazione, con il calcio del turno infrasettimanale di serie A, delle coppe europee per club e della Nazionale), hanno registrato una media di 1.689.400 spettatori, ad ulteriore conferma del successo della creatura dello scrittore Carlo Lucarelli, interpretata sul piccolo schermo dall’attore napoletano Giampaolo Morelli per la regia dei Manetti Bros (Marco ed Antonio Manetti, due fratelli nati a Roma rispettivamente nel 1968 e nel 1970).
Quando, dopo due anni dalla conclusione delle riprese della prima stagione e con i quattro episodi già venduti all’estero, la RAI decise di sbloccarne la messa in onda era il 24 agosto 2006, un giovedì, ed il poliziotto lontano dai classici schemi della fiction italiana non solo non generò il temuto impatto negativo sul pubblico e sulle Forze dell’Ordine ma, nonostante la programmazione nel palinsesto non proprio felice, ottenne un tale successo da indurre l’azienda radiotelevisiva di Stato a decidere di realizzare altre due stagioni.
Si trattò di una piacevole sorpresa di fine estate che sfuggiva alle commedie già viste di commissari di Polizia e marescialli dei Carabinieri. L’ispettore Coliandro (cognome meridionale non molto frequente nel nostro Paese), all’epoca non ancora trentenne, è un investigatore figlio d’arte (il padre era un poliziotto morto in servizio), con un diploma di ragioniere (come scopriamo nell’episodio Sangue in facoltà. Ne Il tesoro nascosto veniamo pure a sapere che era stato bocciato), poco tollerante, prigioniero di un’Alfa Romeo di colore rosso e di un abbigliamento standard formato da una giacca di pelle, un paio di jeans, scarpe da ginnastica bianche ed occhiali Ray-Ban.
Antonio Mazzei