Indipendentemente dal NUE 112, la presenza di troppi numeri di emergenza – e di troppe sale operative - sul territorio nazionale, oltre a confermare l’incidenza di pressioni corporative a difesa di una pretesa autonomia soprattutto delle forze dell’ordine, risulta particolarmente dispendiosa e poco funzionale per i cittadini che non possono contare su un solo ed unico numero telefonico per segnalare immediatamente situazioni di pericolo e di emergenza
L’ultima di copertina del calendario 2023 riporta i numeri telefonici utili da tenere a portata di mano. Sono nove e partono dallo storico 113, “soccorso pubblico di emergenza”. Sono pochi? No. Sono una spesa? Sì.
Ecco, la spesa, anzi le spese. In molti, forse troppi, sostengono che «la sicurezza non ha prezzo». Nulla di più falso. La sicurezza ha un prezzo, ed è questo il motivo principale per cui, negli anni Duemila, Dicasteri e Corte dei Conti abbiano sfornato pagine e pagine di cifre e dati sui costi dell’apparato che, in Italia, è deputato a gestire la sicurezza pubblica.
Un primo accenno lo si ritrova nel Libro verde sulla spesa pubblica, edito dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nel 2007, nella parte dedicata alla giustizia e in quella al pubblico impiego, ma i lavori ad hoc si devono alla Sezione centrale del controllo sulla gestione delle Amministrazioni centrali dello Stato della Corte dei Conti sulla “Polizia di prossimità” (2009), sulla Polizia penitenziaria (2012), sull’operazione “Strade sicure” (2013) e del ministro per i Rapporti con il Parlamento delegato per il programma di Governo. Quest’ultimo, nella sua Analisi di alcuni settori di spesa pubblica pubblicato nel marzo del 2013, ha dedicato 7 dei suoi 13 capitoli alle spese della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, delle Capitanerie di porto, delle Prefetture e del Viminale nel suo complesso.
Antonio Mazzei