A cura di Michele Turazza.

Antonio Diurno – Cattive divise. La banda della Uno bianca
AUGH! Edizioni, 2024, pp. 126, € 14
Potrebbe sembrare la trama di un film avvincente dove i colpevoli, alla fine, vengono assicurati alla giustizia. Se non fosse che le vittime sono vittime davvero, ammazzate dalle “Cattive divise” della banda della Uno bianca che, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, ha seminato panico e terrore in terra romagnola, con una ferocia gratuita di cui solo un essere (dis)umano può essere capace. Potrebbe essere una qualsiasi banda di criminali. Se non fosse che cinque di loro (su sei) indossano la divisa della Polizia di Stato e, grazie a questa e alle armi, si sentono invincibili rambo. E invece sono soltanto degli assassini, con 24 morti e un numero impressionante di feriti sulla coscienza. Il criminologo Antonio Diurno ha ripercorso la lunga scia di sangue della banda della Uno bianca, rivolgendosi in particolare a chi non ha vissuto quegli anni. Fatti e protagonisti sono tratteggiati in modo asciutto, con una prosa efficace, che restituisce la complessità degli eventi e delle indagini, condotte tenacemente da un paio di poliziotti onesti e ostinati, Luciano Baglioni e Pietro Costanza, col supporto del dott. Daniele Paci, giovane pubblico ministero di Rimini. “…il grande pregio dell’opera è da individuare nel contributo alla formazione di una coscienza critica, che può ritenersi tale solo se fondata sulla conoscenza dei fatti e di tutte le informazioni relative alla vicenda” (dalla Prefazione del giudice Giovanni Pellegrino).

Maria Emanuela Piemontese (cur.) – Il dovere costituzionale di farsi capire
Carocci Editore, 2023, pp. 308, € 32

“Le parole sono fatte, prima che per essere dette, per essere capite […]. Chi non si fa capire vìola la libertà di parola dei suoi ascoltatori. È un maleducato, se parla in privato e da privato. È qualcosa di peggio se è un giornalista, un insegnante, un dipendente pubblico, un eletto dal popolo. Chi è al servizio di un pubblico ha il dovere costituzionale di farsi capire”. Questa brillante intuizione di Tullio De Mauro dà il titolo al volume, uscito per i tipi di Carocci editore, dopo trent’anni dal “Codice di stile”, col quale veniva avviata la prima riflessione organica sul linguaggio amministrativo. Cosa è cambiato nel frattempo? Sembra rimanere ancora molta strada da fare se anche la Corte costituzionale ha di recente stabilito l’incostituzionalità di una legge regionale, perché contenente “disposizioni irrimediabilmente oscure”. Ne “Il dovere costituzionale di farsi capire”, i maggiori giuristi e linguisti italiani si interrogano sui motivi della mancata svolta da parte degli organi produttori del diritto, amministrazioni e legislatore, alla luce del bagaglio di conoscenze ed esperienze acquisite e praticate nel frattempo. Pur nella consapevolezza della tendenza alla svalutazione del problema a questione puramente formale, gli Autori auspicano una ripresa del processo di semplificazione linguistica, a vantaggio di tutti i consociati e della qualità della democrazia.

Valentina Pazè – I non rappresentati. Esclusi, arrabbiati, disillusi
Edizioni Gruppo Abele, 2024, pp. 142, € 14

Dopo ogni consultazione elettorale, il dato maggiormente allarmante è quello degli astensionisti, ovvero di coloro che non partecipano al voto per scelta consapevole o mero disinteresse verso la cosa pubblica. I commenti degli analisti si sprecano, alla ricerca delle cause di questo disimpegno e dei modi per “riavvicinare” i cittadini alla politica. Nell’ultima tornata elettorale poco meno di un italiano su due si è recato alle urne per il rinnovo del Parlamento europeo; tale record, tra i più negativi, ha sollevato parecchi e preoccupanti interrogativi sulla tenuta dei meccanismi della rappresentanza. Ed è proprio dall’analisi della “finzione della rappresentanza” che parte Valentina Pazè – docente di Filosofia politica all’Università di Torino – per tentare una spiegazione del fenomeno dell’astensionismo, affrontando inoltre il problema dei “nuovi” cittadini, a cui però sono negati i diritti politici e di quelle forme di governo che svuotano dall’interno la rappresentanza, come il “premierato”, nel quale l’accentramento del potere nelle mani del capo dell’esecutivo unitamente a leggi elettorali fortemente maggioritarie rendono vani molti dei voti di coloro che scelgono comunque di partecipare. Completa il volume un saggio sul diritto della natura di essere “rappresentata” e tutelata, come precondizione stessa della vivibilità del nostro pianeta.

Sonia Moretti (cur.) – Le ferite della vittima
UTET Università, 2024, pp. 274, € 25

Non è facile, per i professionisti della giustizia, troppo spesso intrappolati in intricate pastoie burocratiche, rivolgere la dovuta attenzione alla vittima di reato, accoglierla e porsi in ascolto delle sue ferite, con la professionalità dovuta a chi già ha subìto un evento traumatico, evitando le vittimizzazioni secondarie. I saggi del volume curato da Sonia Moretti, psicologa clinica forense e docente allo IUSVE di Verona, si snodano attorno alla considerazione della vittima come soggetto vulnerabile all’interno di un processo, che dev’essere, come vuole la Costituzione, “giusto”, contribuendo, mediante un dialogo continuo tra vari approcci di studio (tra cui la psicologia clinica e giuridica, la sociologia, il diritto, la neuropsichiatria) a far riflettere sulla figura della vittima e sulle dinamiche multidimensionali che la connotano; ancora molti sono, infatti, gli stereotipi e i pregiudizi stigmatizzanti che le attribuiscono parte della responsabilità dell’evento che l’ha colpita.
“Dovremmo prenderci la giusta dose di responsabilità e riflettere sul senso dello scrivere della Vittima, ma ancor di più dello scrivere per la Vittima, poiché da questo si deduce quanto sia importante, in un approccio clinico giuridico, riuscire a non trattare la vittima sottoposta a valutazione peritale come fosse un qualunque ingranaggio del processo e, dunque, una mera fonte di prova” (dalla Prefazione).

Mauro Morandi e Antonio Rinaldis – Il guardiano di Budelli. Storia di un uomo e della sua isola deserta
Diarkos, 2023, pp. 304, € 19

“Questo libro non è solo la storia di Mauro Morandi. È il racconto di un’ostinazione, la tenacia con cui Mauro ha difeso rabbiosamente l’Isola di Budelli dai nuovi barbari, quelli che non solo raccolgono la sabbia della spiaggia rosa e se la portano a casa, ma divorano i luoghi, li saccheggiano con la loro frenesia consumistica, lasciando il deserto dopo il loro passaggio”.
Trent’anni ha trascorso sull’isolotto di Budelli, Mauro Morandi, un angolo incontaminato dell’arcipelago della Maddalena, nell’estremo nord della Sardegna e a una manciata di chilometri dalla Corsica, noto per le sue acque cristalline e la spiaggia di sabbia rosa. Un ecosistema delicatissimo, custodito da quest’uomo, di origine modenese, che qui ha deciso di ritirarsi in solitudine: “Volevo praticare uno stile di vita che avevo sempre sognato, lontano dai canoni che ci hanno imposto”. E ci è riuscito. Trent’anni di libertà, in cui ha fatto ciò che avrebbero dovuto fare le Istituzioni: tutelare le bellezze dell’Isola dal turismo sfrenato che soprattutto nel periodo estivo si riversa sulle sue delicate spiagge. Ma da quando Budelli è passata allo Stato, Morandi si è visto sfrattare dalla “sua” casa e costretto a vivere in “esilio” in un paio di locali alla Maddalena. Antonio Rinaldis, insegnante di filosofia in un liceo torinese, ha raccolto la testimonianza di quest’uomo autentico, legato a Budelli da un vero e proprio rapporto d’amore, l’amore per un lembo di terra circondato dal mare che per tre decenni lo ha protetto dal mondo. Dai colloqui con Morandi, è nato il libro pubblicato da Diarkos, “una lunga narrazione sui temi fondamentali della vita, che diventa il bilancio di un’intera esistenza, trascorsa inseguendo una visione più ecologica ed ecocompatibile” (dal risvolto di copertina).