Riammissioni informali e illegittime. Una pagina grave da chiudere al più presto ripristinando lo Stato di Diritto alle nostre frontiere
In premessa evidenzio che, per ragioni di spazio, in questo articolo non tratterò dell’ipotesi, assai fondata, che l’Accordo bilaterale di riammissione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Slovenia firmato a Roma nel lontano 3 settembre 1996 (quando la Slovenia non faceva parte dell’Unione Europea) sia da considerarsi non avente validità in quanto, pur trattandosi di un accordo internazionale con chiara natura politica, non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano ai sensi dell’art. 80 Cost. Lasciando in sospeso tale orizzonte, mi limiterò dunque ad esaminare la sola legittimità della recente applicazione dell’Accordo stesso ai richiedenti asilo/protezione internazionale.
Il numero assai elevato di riammissioni attive effettuato tra maggio e dicembre 2020 rispetto al passato (1.301 nel 2020 rispetto alle sole 255 del 2019) è dovuto infatti alla inedita estensione dell’accordo di riammissione anche ai richiedenti asilo. Rispondendo il 24 luglio 2020 presso la Camera dei Deputati all’interrogazione urgente presentata dal deputato on. Magi, il Governo ammise che erano state impartite indicazioni (con direttiva mai resi pubblica) alla Polizia di frontiera di non procedere alla formalizzazione delle domande di asilo anche quando era chiara in tal senso la volontà degli stranieri e rinviare subito gli stessi in Slovenia “senza formalità” ovvero senza l’emanazione e la notifica agli interessati di alcun provvedimento. In buona sostanza veniva inibito agli stranieri il diritto di presentare la domanda di asilo alla frontiera italiana e gli stessi venivano subito riconsegnati alla polizia slovena non come richiedenti bensì come semplici irregolari.
Per comprendere perché tale prassi è illegittima è necessario evidenziare due nozioni giuridiche che vanno tenute ben distinte ovvero l’accesso alla procedura di asilo e l’individuazione del paese competente all’esame delle domande di asilo nella UE. Il diritto di presentare una domanda di asilo è un diritto fondamentale tutelato dall’art. 10 comma 3 della Costituzione che non può subire limitazioni o compressioni. Ugualmente lo stesso diritto dell’Unione prevede che le autorità di un paese UE sono tenute a rispettare la manifestazione di volontà di un cittadino di un paese terzo che intenda chiedere asilo, nel territorio, alle frontiere interne o esterne, nelle aree di transito. In tal senso sono chiare le disposizioni di cui alla Direttiva 2013/32/UE (artt. 3 e 9) e soprattutto le disposizioni di cui al Regolamento 604/2013 noto come Regolamento Dublino III, ed in particolare l’art. 3 paragrafo 1 di tale Regolamento: dal momento della manifestazione di volontà di chiedere asilo lo straniero va trattato sempre, senza eccezioni, come richiedente protezione internazionale e va attivata la procedura per l’individuazione del paese competente ad esaminare la domanda di asilo se si ritiene che tale competenza ricada su un altro paese diverso da quello nel quale la domanda è presentata.
Gianfranco Schiavone
Vicepresidente A.S.GI. – Consiglio direttivo nazionale dell’ASGI (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione)