Un dramma nel dramma: una volta espiata la propria pena, la maggior parte degli ex detenuti sono costretti a vivere con il marchio di “pregiudicati”, tra pene accessorie e stigmatizzazione sociale. Il tutto a discapito del loro reinserimento sociale
Tra i detenuti si fa un gran parlare di quello che faranno una volta usciti di prigione; alcuni parlano di quanto si drogheranno pesantemente, altri non vedono l’ora di darci dentro con il sesso, qualcuno parla della prossima rapina da mettere a segno e c’ è chi una volta fuori, dovrà farla pagare all’ infame di turno.
Solo in pochi parlano delle grandi difficoltà che incontreranno una volta usciti dalla matricola per varcare finalmente il passo carraio ed uscire sulla pubblica via. Qui iniziano i problemi. Vivendo reclusi per alcuni anni, ci si fa un’idea del “fuori” che quasi mai coincide con la realtà, perché quella che si è lasciata è cambiata e se ne ritrova un’altra, solitamente estranea.
Non sono mai state stilate statistiche sul percorso degli ex detenuti fuori dalle mura, né tantomeno è mai stato monitorato il loro comportamento se non quando, nel 70% dei casi, finiscono di nuovo dentro. Ma del tempo trascorso fuori non sappiamo più nulla. Le Istituzioni smettono di interessarsi del detenuto immediatamente dopo le sue dimissioni dal carcere; da quel momento degli ex detenuti non interessa più a nessuno. Eppure questa è una delle categorie più deboli della società, è come un cancro che cresce e prolifica sotto gli occhi di tutti ma che nessuno sembra voler guardare. Alcuni eventi drammatici si vengono a conoscere solo perché raccontati dagli ex compagni di galera o magari attraverso qualche volontario che operava nel carcere. Quello che emerge è un quadro terrificante: esistenze tra i senza fissa dimora trascorse tra abuso di alcol e sostanze stupefacenti, con conseguenti morti per overdose, nonché casi di suicidi e morti violente.
Vittorio Rizzo