A vent’anni dalla scomparsa della professoressa Letizia Gianformaggio, per onorarne la memoria, pubblichiamo un estratto del suo intervento tenuto alla conferenza “Diritti umani e ordine internazionale”, presso la Biblioteca Comunale Ariostea di Ferrara il 26 maggio 1999, due mesi dopo l’inizio dei bombardamenti della Nato in Serbia

    Bisogna farla vivere questa Costituzione, dare anima ai suoi valori, impedire che si affermi una interpretazione riduttiva, diversa da quella originaria, in base alla quale appaia ormai consentito ciò che non potrebbe esserlo: sicché l’art.11 finisca per perdere il suo valore precettivo e la stessa Corte Costituzionale non sia più in grado di utilizzarlo come parametro.
    (Lorenza Carlassare)

    Siamo in guerra
    Dal 24 marzo 1999 la nostra vita è cambiata; il senso della vita di ciascuno di noi in quanto cittadina o cittadino (cioè membro a pieno titolo) della Repubblica Italiana si è modificato. Essere cittadini di uno stato in guerra, significa avere – in virtù di questa mera appartenenza – dei nemici; ovverosia significa che ci sono degli altri ai quali, non per una ragione ma per definizione – cioè in virtù di una loro mera, diversa appartenenza – non possiamo riconoscere di essere dei fini in sé. Questi altri non sono infatti più delle persone, dei valori; essi vengono definiti in relazione a noi, a partire dai nostri valori e dai nostri fini, che per definizione sono diversi dai loro; e della realizzazione di questi nostri fini e valori essi non sono tuttavia degli strumenti, ma degli ostacoli, quindi da eliminare. Essere cittadini di uno stato in guerra significa ancora dell’altro: significa, per il mero fatto di avere dei nemici, accettare di essere nemici per costoro, e quindi sostanzialmente legittimare loro intenzioni ed autorizzare loro comportamenti lesionisti nei nostri confronti. Tutto ciò nell’impero del diritto – sfera simbolica e di forme, se ce n’è una, sui cui stretti nessi con la magia non possono sussistere dubbi – avviene in virtù di parole, che compongono una dichiarazione (la dichiarazione di guerra): cioè un performativo, proveniente dal potere il quale, con una semplice formula, entra a modificare l’identità di ciascuna e ciascuno di noi. Ebbene, questo performativo l’organo competente in base all’ordinamento giuridico della Repubblica Italiana non l’ha pronunciato né prima, né dopo, il 24 marzo, nonostante l’aggressione armata anche di uomini e mezzi italiani, aggressione partita anche da basi…..

    a cura di Michele Turazza