Nel 1920 venivano alla luce il generale-prefetto ucciso dalla mafia e il giovane vicebrigadiere fucilato dai nazisti. Il loro sacrificio li ha resi immortali esempi di coraggio e di altruismo non solo per chi indossa una divisa
Cento anni fa, nascevano due future medaglie d’oro alla memoria: al Nord, in Piemonte, Carlo Alberto dalla Chiesa, diventato generale dei Carabinieri e prefetto di Palermo – assassinato in un agguato nel 1982 da Cosa Nostra – e al Sud, in Campania, Salvo D’Acquisto, il giovane vicebrigadiere dei Carabinieri ucciso nel 1943 dai nazisti. Due eroi che sono diventati un modello di abnegazione, di coraggio e di altruismo per quanti vestono un’uniforme, e non solo per loro. Due servitori dello Stato, con profondo senso del dovere, che albergano nella coscienza popolare degli italiani.
Carlo Alberto dalla Chiesa – medaglia d’oro al valor civile – viene al mondo il 27 settembre 1920 a Saluzzo, in provincia di Cuneo, in via Carlo Alberto (perciò fu chiamato così) da una famiglia di origine emiliana (parmigiano il padre Romano, piacentina la madre Maria Laura Bergonzi). Il suo stemma familiare è formato da chiesa, aquila e corona a cinque punte. Primogenito di tre figli maschi, si laurea in Giurisprudenza e in Scienze politiche. Nel ’41 entra nell’Esercito e, sottotenente di complemento di fanteria, partecipa alla guerra in Montenegro. L’anno seguente transita nei Carabinieri – in cui già lavorano il padre e il fratello Romolo, ufficiali dell’Arma – con destinazione San Benedetto del Tronto (Ap), dove comanda la locale tenenza e prende parte alla guerra di Liberazione. Nella Resistenza marchigiana costituisce e dirige bande armate di patrioti. Lo considera uno dei momenti più significativi della sua vita sotto il profilo militare. Per meriti di guerra (partigiana) ottiene il passaggio in servizio permanente effettivo nei Carabinieri.
Marco Scipolo