L’Italia è un paese estremamente complesso, si potrebbe definire unico. In materia di criminalità siamo tra i pochi a vantare più di un’organizzazione criminale e forse gli unici che non investono in edilizia carceraria. L’arrivo del Coronavirus, poi, ha regalato lo scandalo dei boss mafiosi usciti per motivi di salute
Da un lato ci sono ancora più di cento boss ai domiciliari, dall’altro Massimo Giletti che gira in strada con il giubbetto antiproiettile. E ci chiediamo perché questo Paese sembri schizofrenico? A inizio marzo iniziano le rivolte in molte carceri italiane: incendi, feriti e addirittura 14 morti tra i detenuti. Gli eventi sono tra I più gravi della storia della Repubblica. «La risposta, che avviene dopo pochi giorni,– afferma Sebastiano Ardita, magistrato e consigliere del CSM – è quella di un provvedimento di detenzione facilitata per soggetti che in precedenza non erano stati ammessi al beneficio. E anche se pericolosi gli viene permesso di uscire dal carcere con il braccialetto elettronico. Un provvedimento che dava l’impressione di una resa dello Stato».
Il provvedimento, datato 21 marzo, è al centro di un’indagine della commissione parlamentare d’inchiesta di Nicola Morra ed è stato ritirato il 16 giugno da una circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (Dap). Il punto focale della circolare di marzo, quello che ha permesso l’uscita dal carcere di molti boss, era legato all’elenco delle varie patologie, tra cui: «Persone di età superiore a 70 anni».
Emerso lo scandalo e assistito al cambio del vertice del Dap, il guar- dasigilli Bonafede, fa approvare dal Governo un decreto legge che puntava a far tornare dentro i 376 mafiosi scarcerati. Una norma che in quindici giorni imponeva ai giudici di Sorveglianza di rivalutare se sussistevano ancora i motivi legati all’emergenza sanitaria. Il guardasigilli annunciava il provvedimento ribadendo «con fermezza quanto lo Stato sia impegnato nella lotta alla mafia». E aggiunge: «Nessuno può pensare di approfittare dell’emergenza sanitaria determinata dal Coronavirus per uscire dal carcere. È un insulto alle vittime, ai loro familiari e a tutti i cittadini, che in questo momento stanno anche vivendo le tante difficoltà della pandemia». E definisce questa norma uno strumento per mettere ordine: «I magistrati applicano le leggi e come sempre io rispetto la loro autonomia e indipendenza. Da stasera c’è una nuova norma che mette ordine alla situazione. In un momento così straordinario si stava andando avanti con vecchi strumenti. Ma in momenti straordinari, servono provvedimenti straordinari. La settimana scorsa abbiamo approvato un decreto che rende obbligatoria la richiesta del parere della direzione nazio- nale e delle direzioni distrettuali antimafia e antiterrorismo, prima di assegnare la detenzione domiciliare, e, stando ai dati di questa prima settimana, sta già dando i suoi frutti: abbiamo fermato l’emorragia. Oggi chiudiamo il cerchio».
Lorenzo Baldarelli