Il Covid-19 non ha fatto che peggiorare una situazione già difficile; in un clima di generale insofferenza aumentano i contagi mentre persiste il problema del sovraffollamento, dell’abuso dei farmaci e delle violenze tra detenuti o ai danni della Polizia Penitenziaria
Dopo il tragico decorso del lock-down (che per gli istituti di pena suona quasi ironico) e i problemi emersi durante la “fase 2”, la situazione delle carceri italiane versa in condizioni ancora molto critiche. Il preesistente sovraffollamento, il personale numericamente insufficiente (soprattutto quello medico), le condizioni igienico-sanitarie non sempre nella norma, sono solo alcune delle problematiche che, con l’avvento del Coronavirus, si sono moltiplicate, con il conseguente aumento di patologie, disturbi psichici, decessi. Il tutto nel contesto di una crescente sofferenza e insofferenza del mondo carcerario, spesso sfociata in episodi di violenza, tra i detenuti stessi o, peggio ancora, nei confronti degli addetti ai lavori. Per comprendere appieno la gravità della situazione occorre fare un passo indietro. Per quanto il binomio carceri-Coronavirus sia stato mediaticamente assorbito dalla questione delle scarcerazioni “eccellenti”, quelle dei boss mafiosi, l’emergenza carceraria è salita subito alla ribalta tra gli impegni delle Istituzioni. Nelle primissime battute il Governo ha disposto, infatti, misure tendenti soprattutto all’isolamento rispetto all’esterno degli istituti di pena: prime fra tutte il divieto ai familiari di visitare ipropricongiunti. Daquesto, principalmente, sono scaturite le rivolte dei detenuti scoppiate in diverse carceri italiane, avvenute tra il 7 e il 9 marzo. Proprio quando il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava l’estensione della “zona rossa” a tutto il territorio nazionale, una settantina di Istituti di pena sono stati devastati o dati alle fiamme. Si sono contate decine e decine di evasioni (solo 70 nel carcere di Foggia) e 14 morti tra i detenuti. Uno scenario a dir poco apocalittico, all’epoca sottovalutato in ambito sicurezza e che, a distanza di mesi, si ipotizza sia stato orchestrato dalla criminalità organizzata, per rafforzare il proprio controllo nelle carceri. Ipotesi questa che, però, lascia molti dubbi, per due ordini di motivi: in primis non vi sono state solo rivolte e atti di violenza, ma anche manifestazioni pacifiche; in secondo luogo, le preoccupazioni di tipo sanitario, riguardante detenuti e non, si aggiungevano a una situazione già molto precaria, per cui non deve stupire la reazione del mondo carcerario in quei primi giorni di lock-down.
Matteo Picconi