Sottrazione di agibilità e mercati alle mafie, creazione di migliaia di posti di lavoro, importante gettito fiscale, svuotamento delle carceri, benefici sanitari, vantaggi operativi per le Forze dell'Ordine. Sono tante le possibili ricadute positive di una liberalizzazione che sembra bussare con sempre più insistenza alle porte del Paese
C’è egli ultimi tempi spira con folate intense, abbattendo tabù considerati intoccabili fino a pochi anni fa. No, non è il Ponentino a essersi fatto intraprendente, si parla di cannabis; l’argomento pare ancora molto divisivo in Italia, ma in parecchi paesi, soprattutto oltreoceano, sta cominciando a mettere d’accordo fasce sociali e culturali sempre più estese e trasversali. Negli Stati Uniti, ad esempio, continuano a cadere come birilli i divieti che riguardano la marijuana, facendo spazio a regolamentazioni di stampo liberale sia sul fronte terapeutico che ricreativo: al momento negli USA in 33 stati è consentito l’uso terapeutico e in 17 stati è presente anche una regolamentazione del consumo e della vendita agli adulti a scopo ricreativo e il numero sembra destinato a crescere ancora. Persino alcuni territori a solida maggioranza conservatrice si sono dovuti arrendere sotto la spinta di pressioni popolari e referendarie sempre più bipartisan. Ora con il nuovo corso della presidenza Biden si comincia a parlare seriamente di liberalizzazione federale e l’approvazione in Senato delle prime leggi in tal senso, che nell’era Trump appariva improbabile, sembra affacciarsi come una prospettiva concreta.
Negli ultimi anni anche Canada, Uruguay e Australia hanno adottato normative in varie misure aperte al consumo sia terapeutico che ricreativo di cannabis, con il Messico pronto ad accodarsi in scia dopo un significativo voto favorevole alla Camera.
In Europa, oltre al pluridecennale esperimento dei coffee shop olandesi, abbiamo visto anche Spagna, Portogallo e Svizzera allargare con diverse gradazioni le maglie delle proprie restrizioni, anche se in nessuno di questi luoghi si può effettivamente parlare di liberalizzazione.
In Italia, invece, la situazione appare complessivamente piuttosto ferma ai paradigmi proibizionisti, con un dibattito politico sostanzialmente immobile nonostante le norme necessitino con una certa urgenza di essere riviste e aggiornate. Il dispositivo di legge attualmente in vigore nel nostro Paese, infatti, è il risultato di tutta una serie di tira e molla stratificatisi dagli anni ’90 a oggi, dove a un referendum per la depenalizzazione dell’uso vinto nel ’93 rispose poi in senso contrario la legge Fini-Giovanardi, successivamente a sua volta parzialmente stralciata per via della sua incostituzionalità e poi ancora modificata dal Decreto Lorenzin.
Lorenzo Anzi