Donne, violenza, carcere: una proposta fuori dal coro (o controcorrente) per superare l'inefficacia della giustizia penale
Dietro ogni parola del libro di Gwénola Ricordeau, “Per tutte quante. Donne contro la prigione” (Armando editore, 2022), c’è una strana “sorellanza”, una solidarietà tra donne che ha radici nel movimento femminista degli anni ’70. L’Autrice è di lingua francese e insegna in una Università della California, mentre Florence Richez ha tradotto il ktesto, per l’appunto dal francese; l’edizione italiana contiene pure il commento della psicologa sociale Chiara Volpato – da sempre attenta alle forme di disuguaglianza e di giustificazione della violenza – è stata curata dalla sottoscritta che, con un po’ di imbarazzo, prova a offrire al lettore questa recensione.
Tra chi ha tradotto, chi ha proposto e commentato il libro, chi quel libro l’ha pensato, sì è venuto a instaurare un vincolo solidale evidente fin dalla scelta del titolo dove compare “per tutte quante” e non “per tutte loro”. L’impianto corale intende rifiutare i solchi e le distinzioni tra noi/loro che invadono le nostre giornate e favoriscono la discriminazione contro un certo gruppo di esseri viventi: cittadini/migranti, uomini/donne, animali/umani, omosessuali/eterosessuali, per esempio.
Silvia Buzzelli – Università di Milano-Bicocca