C’è un nesso tra l’attacco hacker “pro Cospito” ai distributori automatici di sigarette e gli incendi dolosi avvenuti nella Capitale nei mesi scorsi? Il pericolo risiede solo nella tanto temuta “galassia” anarchica?
Rivendicazioni e non
Secondo Il Messaggero non vi sarebbero dubbi: l’incendio doloso ha una matrice anarchica. La sera del 18 marzo, sulla via Ostiense a Roma, 22 scuolabus sono andati a fuoco in un deposito privato, all’altezza di Ostia Antica. I ventidue scuolabus sono stati distrutti dalle fiamme che non hanno fatto feriti o intossicati. A domare le fiamme sei squadre di Vigili del fuoco che hanno evitato che l’incendio si espandesse ad un vicino concessionario di auto.
Sebbene non ci sia stata una rivendicazione, gli inquirenti, riporta il quotidiano romano, «non escludono possa trattarsi sempre di una matrice anarchica (un attentato a mezzi istituzionali e forniti da una multinazionale, alcuni anche nuovi ed ecologici), anche se una rivendicazione ancora non è arrivata. Gli investigatori sono altresì certi che possa trattarsi di un atto doloso. Nessuna pista al momento può essere ancora esclusa, compresa quella legata al racket o a un gesto intimidatorio».
L’incendio della sera precedente, invece, ha una storia differente. All’altezza del civico 1505 di viale Palmiro Togliatti a Roma, verso le tre di notte, è stato appiccato un incendio nel parcheggio esterno davanti alla sede delle Poste, nell’area esterna recintata. Le operazioni di spegnimento sono durate diverso tempo e le fiamme, molto violente, hanno completamente distrutto le auto.
Anche in questo caso non ci sono stati feriti, ma questa volta c’è stata una rivendicazione. Una lettera è comparsa la domenica seguente su diversi blog che fanno riferimento alla galassia anarchica: «Salutiamo il 150esimo giorno di sciopero della fame del nostro fratello e compagno Alfredo Cospito – si legge – regalandoci la gioia di attaccare con il fuoco le infrastrutture dello stato Italiano, nello specifico abbiamo incendiato 16 macchine di proprietà delle Poste Italiane».
Lorenzo Baldarelli