L’economia del nostro Paese, alla stregua di tutta l’economia mondiale, versa in condizioni difficili. Se è vero che il vaccino è stato trovato in tempi relativamente “brevi”, la sua distribuzione si sta dimostrando lenta e macchinosa. I motivi sono sotto gli occhi di tutti e sono di natura prettamente economica. O, meglio, per interessi economici.

Vari strati di cittadinanza, tanto in Italia quanto in altri Paesi, stanno cominciando a scendere in piazza, e non per prendere un caffè o fare la spesa. Il malcontento e le proteste dei cittadini, persino nelle autostrade, sono lo specchio di un clima di esasperazione ormai al culmine, una disperazione diffusa che fa presagire il peggio qualora le Istituzioni non diano una risposta, o dei segnali rassicuranti, in tempi brevi.
Non è banale affermare che un’accelerazione delle vaccinazioni porterebbe ad una più celere riapertura (mai il termine “apertura” era stato così abusato) ma è proprio il clima di incertezza sui vaccini stessi a determinare un clima di insofferenza generale: ci sono – non ci sono; forse arrivano – tardano ad arrivare… Conclusione? Ancora non ci sono, almeno non per tutti.

«Espropriare i brevetti». Non è un semplice slogan, si parla di salute delle persone. Prendiamo spunto dagli articoli 141, 142 e 143 del Codice della proprietà industriale. Tali norme stabiliscono che i diritti di brevetto possono essere espropriati dallo Stato per ragioni di «pubblica utilità». Sarà forse il caso di agire? Assicurare la salute della popolazione mondiale basandosi sulle becere regole di mercato e di produzione non solo mancherà l’obiettivo, ma allargherà le disuguaglianze tra le persone. Qualcuno direbbe che “stiamo scoprendo l’acqua calda”.

Allora vale la pena fare un passo indietro e ricordare una bella storia, che magari può insegnarci qualcosa. In molti ricorderanno Albert Bruce Sabin, padre dell’omonimo vaccino contro la poliomielite. Con il suo vaccino, lo scienziato polacco di origini ebraiche salvò migliaia di bambini. E, cosa più importante, Sabin non brevettò la sua invenzione, rinunciando ai cospicui introiti commerciali che gli promettevano le già fiorenti industrie farmaceutiche, assicurandone così la distribuzione a prezzi decisamente più accessibili. «Avevo il necessario per vivere» rispose a Enzo Biagi in un’intervista del 1992.

La salute delle persone viene prima dei profitti. Sabin ne è stato un esempio, per fortuna non troppo isolato.

Ad oggi, di fronte alla spietata macchina produttiva del mondo occidentale, abbiamo l’esempio di Cuba e dei suoi medici, di cui trattiamo all’interno del numero. Forse le super potenze mondiali dovrebbero mettere da parte i vecchi manuali di storia e guardare al modello sanitario cubano con maggiore interesse. Nella piccola isola caraibica l’assistenza pubblica sta portando risultati incredibili, sia sul piano della ricerca scientifica, sia soprattutto sul contenimento del virus. Cuba, inoltre, è pronta a tendere la mano, in cambio sostanzialmente di niente. La ignoreremo, mentre faremo la fila.

il Direttore, Ugo Rodorigo
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