Le stragi naziste, l’Armadio della vergogna, decine di ergastoli non eseguiti. È un pezzo di storia che non si è mai conclusa quella raccontata da Marco De Paolis, il “procuratore che ha portato i colpevoli alla sbarra”; un libro che con nuovi metodi d’indagine mette in fila i numeri dell’impunità, dei tanti insabbiamenti, delle coperture, facendo piena luce su un’autentica “mostruosità giuridica” con cui bisogna fare i conti ancora oggi

La retorica moderna, a differenza di quella antica, ci travolge e svuota di contenuti le parole che, ripetute all’infinito, perdono effettività. Capita così anche per i vocaboli di questo anniversario (ottant’anni dalla Liberazione): ricordo e memoria, verità e giustizia, coraggio e vigliaccheria hanno poco valore in un mondo di prezzi, saldi e offerte.
Forse c’è un “antidoto” per ridurre un fenomeno del genere: leggere “Caccia ai nazisti” che, uscito nel 2023 per Rizzoli, senza intenti celebrativi quindi, porta la firma di Marco De Paolis, attualmente Procuratore generale militare presso la Corte militare d’Appello di Roma. È un consiglio rivolto un po’ a tutti: a chi intende riflettere su quanto già noto; agli addetti ai lavori che scopriranno un manuale sul funzionamento delle indagini giudiziarie, sul metodo per effettuare rogatorie, oltre a un ricco elenco di schede, processi e nomi. C’è poi chi non conosce un bel niente; di questi tempi sono in aumento gli scolari imbottiti di nozioni “precotte”, incapaci di porsi criticamente di fronte ai contenuti (direbbe Luciano Canfora, grande studioso dell’antichità): il volume è per loro e alcune pagine andrebbero appuntate come si fa con i post-it sul frigorifero.
Il titolo “Caccia ai nazisti” sembra quasi richiamare un intrigo storico-militare, mentre il sottotitolo localizza bene le vicende (Marzabotto, Sant’Anna e le stragi naziste in Italia), indicando il protagonista principale (il procuratore che ha portato i colpevoli alla sbarra). La foto in copertina proviene dall’Archivio del Tribunale Militare di Roma (già Tribunale Militare di La Spezia): è una prova che……

di Silvia BuzzelliUniversità di Milano-Bicocca