Di questi tempi è davvero dura fare il punto della situazione, tanto sul fronte della politica estera quanto su quell’interno; non solo perché il panorama politico è quotidianamente “fluido” ma, soprattutto, perché mai come in questo periodo ha regnato la confusione, in particolar modo a livello mediatico.

Tuttavia qualche istantanea possiamo scattarla. Siamo nella “fase muscolare”: mostra i muscoli Trump, tra dazi e minacce di politiche “espansive” (per non dire, in maniera più appropriata, imperialistiche); continua a esibire i muscoli Vladimir Putin, che di fatto ha mostrato al mondo che il Tycoon l’aveva fatta “troppo semplice” presentandosi come il portatore di una pace vicinissima in Ucraina; in un teatrino degno di nota, infine, prova a mostrare i muscoli anche l’Unione europea, alla quale spetterà probabilmente il premio di “migliore attrice non protagonista”.

Al tanto dibattuto ReArm Europe abbiamo scelto di dedicare solo qualche accenno, preferiamo prenderci ancora del tempo; una cosa, però, possiamo anticiparla. Come ha sostenuto il noto economista statunitense Jeffrey Sachs al Parlamento europeo lo scorso febbraio, l’Ue deve trovare una sua strada, deve intraprendere (come non ha mai fatto) una “sua politica estera”, indipendente, oggettiva. Legittimo e, per certi versi, ovvio. Ma dato che siamo sostenitori della pace e del rispetto del diritto internazionale, come rivista sosteniamo che la strada del riarmo sia molto pericolosa, scivolosa, se non addirittura fallace: una strada che può portare solo a nuovi conflitti e ad altre innumerevoli morti tra i cittadini europei (come se i caduti ucraini e russi non siano sufficienti).

Restando su tematiche dibattute proprio in questi giorni al Parlamento europeo, non possiamo che associarsi all’intervento del giornalista Sigfrido Ranucci, al quale va tutta la nostra solidarietà e stima. Il conduttore di Report, programma televisivo perennemente sotto attacco dalla politica, ha parlato apertamente di un “paese malato”: l’Italia, ha ribadito Ranucci, è infatti lo Stato europeo con il maggior numero di giornalisti “minacciati”. Il termine non deve ingannare: a minacciare l’operato dei giornalisti, infatti, non ci sono solo le organizzazioni criminali ma (a suon di intimidazioni pubbliche, querele, denunce) anche grandi imprenditori e, soprattutto, esponenti della classe politica, quella che ci governa. Il problema non riguarda solo la trasmissione Report; basterebbe citare il caso Paragon, sul quale tutti stiamo ancora aspettando delle risposte.

Verrebbe da dire che non solo l’Italia ma tutto il mondo sia sempre più “malato”: ottant’anni fa la Storia ci aveva dato (dopo aver pagato un caro prezzo) la “ricetta” per guarire da tutti questi mali ma evidentemente ce la siamo persa per la strada. L’unico modo per ritrovarla è ripercorrere questa strada al contrario, possibilmente con gli occhi ben aperti. Una buona festa della Liberazione a tutti i nostri Lettori.

Il Direttore
Ugo Rodorigo