Se il disegno di legge venisse approvato, senza modifiche, dal Parlamento, il governo metterebbe in “sicurezza” soltanto sé stesso: verrebbero disincentivate e represse le manifestazioni pubbliche di dissenso contro le sue politiche ma, al contempo, aumenterebbero molte forme di disagio sociale a causa della loro incriminazione, con il risultato di alimentare l’insicurezza collettiva

Populismo penale e logica amico/nemico

La paura per la criminalità pervade da tempo il dibattito pubblico e politico-mediatico ed incide in modo significativo sulle scelte politico-criminali. La fear of crime, nell’esprimere le insicurezze sociali, viene amplificata dai media e cavalcata da talune forze politiche per fini propagandistici. Quanto più allarme sociale si crea in relazione a determinati fenomeni criminosi e “tipi d’autore”, tanto più consenso si ottiene rispetto a scelte punitive ispirate a logiche sicuritarie (del tipo law and order o zero tolerance).
Anziché intervenire sui fattori (culturali, sociali ed economici) che alimentano il disagio sociale, la devianza e la criminalità, per il potere politico è particolarmente vantaggioso e redditizio ricorrere alla legge penale ed allo spauracchio della “galera” per fronteggiare (almeno apparentemente) i problemi di sicurezza e placare le paure della collettività.
Il diritto penale offre misure concrete e severe, che consentono di veicolare messaggi (contenenti divieti ed obblighi) facilmente comprensibili a tutti. Il ricorso allo jus puniendi è, al contempo, molto agevole ed economico: basta un tratto di penna della maggioranza in Parlamento per introdurre nuovi reati ed innalzare le pene. Questo spiega l’ampio utilizzo, spesso bipartisan, della leva della criminalizzazione, dell’inasprimento sanzionatorio, degli strumenti di lotta contro forme di criminalità “odiosa” (contro il patrimonio, l’ambiente, la circolazione stradale, ecc.) ovvero di misure volte alla…….

di Ivan Salvadori – Università di Verona