Imbarazzo. All’indomani degli attacchi israeliani contro il quartier generale dell’Unifil a Naqoura, nel sud del Libano, l’Italia, l’Europa e tutto il blocco occidentale hanno vissuto un momento di grande imbarazzo. Perché uso questo termine? La cosa imbarazzante è che c’è voluto un primo vero “incidente” (non solo diplomatico) per vedere il nostro Ministro della Difesa usare il termine “crimine”, per l’esattezza “crimine di guerra”. In un anno non sono bastati 42mila morti palestinesi, la violazione territoriale di uno Stato sovrano come il Libano (ma anche Siria, Iraq), dei veri e propri attentati terroristici da parte di Israele che ha fatto esplodere dei cercapersone in mezzo ai civili… Non era bastata neanche la dichiarazione dell’ONU verso Netanyahu. Quest’ultimo poi, da vero “criminale di guerra”, ha dimostrato di saper rispondere all’organizzazione delle Nazioni Unite anche con le bombe, oltre che a parole, come ha fatto di recente al Palazzo di Vetro. Ora, solo ora, i grandi Stati democratici dicono che ha superato il limite; qualsiasi cosa accadrà d’ora in poi, l’attacco all’Unifil resterà un precedente imbarazzante. Imbarazzante per noi, soprattutto per noi europei, che ancora una volta siamo stati incapaci, immobili o “impossibilitati”, di prendere posizione. Preferiamo pensare che il mondo sia “in confusione”, che gli equilibri internazionali non sono più gli stessi e che i timori del nostro “grande fratello americano” siano dunque fondati; allora tutti dietro, a produrre e a inviare armi, risorse sconfinate che ogni giorno togliamo alla sanità, all’istruzione… sempre obbedienti, sempre debitori. Ma la verità, tanto nel conflitto in Ucraina quanto in Medio Oriente, ormai è sotto gli occhi di tutti: non stiamo contribuendo a difendere la democrazia, la libertà o i diritti di qualcuno. Ma allora, cosa stiamo difendendo? I due conflitti in corso a chi giovano? Molto più agevole rispondere alla seconda domanda: ai produttori di armi. Affari d’oro, fusioni industriali, spese militari record, fiere di armamenti nel cuore dell’Europa… peccato che le armi militari non siano un prodotto come un altro. Peccato che chi le compra, non le acquista solo per “deterrenza” e magari le utilizza… La produzione di armi ha raggiunto livelli talmente alti che è ormai difficile non pensare che ci stiamo preparando (tutti) a un conflitto su vasta scala. Nella migliore delle ipotesi, appunto, saranno state immense risorse buttate. Chi ci avrà guadagnato più di tutti? Chi è il più grande produttore di armi nel mondo? Non facciamo finta di non saperlo. E nella peggiore delle ipotesi? Proviamo a rispondere alla prima domanda? Cosa o “chi” stiamo difendendo? Ci hanno fatto credere di difendere la sovranità dell’Ucraina dal “gigante russo” o lo Stato di Israele dalla “minaccia araba”. Ma ne siete veramente così sicuri? Gli ucraini cadono come mosche e gli israeliani stanno sterminando civili, violando giorno dopo giorno i principali diritti umani e internazionali. La democrazia non c’entra nulla, cari lettori, e non c’è niente di più lontano dalla democrazia se guardiamo la vera natura di questi conflitti. La ragione è molto più banale: sono gli interessi (geopolitici, economici, militari ecc…) del nostro già citato “grande fratello” che stanno facendo precipitare il nostro mondo nel baratro. E, dobbiamo ammetterlo, i suoi interessi sono anche i nostri. Non facciamo finta di non saperlo.

Il direttore
Ugo Rodorigo