I fatti di Pisa e Firenze hanno risvegliato l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica sulla gestione delle piazze da parte delle Forze dell’ordine. Un’analisi sul “distanziamento (del conflitto) sociale” e sul rapporto tra Forze di polizia e manifestazioni dopo la pandemia

Due anni di pandemia, a colpi di zone di diversi colori, green pass più o meno rafforzati, restrizioni e lockdown a vari livelli, hanno lasciato un’eredità ancora più problematica di quanto potessimo immaginare. Non soltanto relativamente ai morti, alle disfunzioni del sistema sanitario, agli squilibri che sono emersi. Pensiamo anche all’ordine pubblico, all’estrinsecazione del conflitto sociale, alla possibilità di evidenziare, magari per tentare di poterle risolvere, le vulnerabilità di un Paese scopertosi fragile e ritrovatosi più povero.
Problemi rilevanti, che trovano la polizia impreparata a fronteggiare il malessere diffuso, e a trattarlo alla stregua di fatti di criminalità, e il governo che insiste col proporre giri di vite che, lungi dal risolvere le questioni in campo, le rimuovono, rischiando che si manifestino sotto forme più acute nel futuro prossimo. Il post Covid, la cultura di polizia, il colore politico dell’attuale coalizione governativa, rappresentano i tre elementi che caratterizzano la fase attuale, in particolare in relazione alla repressione del dissenso, che è culminata coi fatti di Pisa e Firenze a fine febbraio.
Il periodo della pandemia ha segnato un mutamento di fase cruciale, sotto vari aspetti. Sul piano economico, si è aggravata la precarietà economica, in particolare delle classi marginali, sospinte ulteriormente verso il basso tra lavori precari e ….

di Vincenzo Scalia – Università di Firenze