Tanti i lati “oscuri” del protocollo sui migranti siglato dai governi italiano e albanese; dall’extraterritorialità ai costi esorbitanti finanche al poco chiaro iter dei migranti che non potranno essere accolti dal nostro Paese. Ecco cosa non torna dell’accordo con l’Albania
Un documento di 9 pagine, appena 14 articoli in tutto, a definire un accordo di una durata di 5 anni, rinnovabile di altri 5 «salvo che una delle parti avvisi entro 6 mesi dalla scadenza» l’intenzione di non rinnovarlo. Stiamo parlando del protocollo tra Italia e Albania sulla gestione dei migranti, siglato a inizio novembre dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il primo ministro d’Albania Edi Rama.
L’accordo prevede la costruzione di due centri per la gestione dei migranti, da realizzare in Albania ma sotto la giurisdizione italiana. L’Italia trasferirà quindi nei Balcani due tipologie di migranti: quelli richiedenti asilo soggetti a procedura accelerata di frontiera e quelli in attesa di rimpatrio. Sarebbero esclusi soggetti vulnerabili come minori e donne in stato di gravidanza. Nei centri verranno portati esclusivamente i migranti intercettati via mare dalla Marina militare, dalla Guardia Costiera e dalla Guardia di Finanza, non riguardando quindi i migranti messi in salvo dalle organizzazioni no-profit operanti nel salvataggio in mare.
Il protocollo inoltre non troverebbe applicazione per i migranti che dovessero giungere sulle coste e sul territorio italiano, ma solo per quelli salvati nel Mediterraneo. L’obiettivo del Governo sarebbe quello di rendere il piano operativo già per la primavera del 2024.
Le due strutture blindate, che saranno gestite interamente da personale italiano, dovrebbero poter ospitare non più di 3.000 persone contemporaneamente, e dopo un mese i richiedenti asilo dovranno essere rimpatriato o riportati in Italia. Secondo le previsioni del Governo, una volta a regime ci potrebbe essere un…..
di Adriano Manna