C’è un aspetto “divertente” che ha caratterizzato questa fase post elettorale: ci si aspettava un’avanzata delle destre, anche le più estreme, in buona parte del Vecchio Continente, e così è stato; tuttavia, qualcuno sembra aver tirato un “sospiro di sollievo” per il mero fatto che tali forze non siano ancora dominanti… Sono mesi che la nostra Redazione pone l’accento su quello che l’editorialista del Fatto Quotidiano Antonio Padellaro ha definito un “veleno” che si sta spargendo nel cuore dell’Europa, sotto qualsivoglia veste lo si consideri: sovranista, nazional popolare, populista, interventista… la galassia dell’estrema destra, inoltre, è “scientificamente” variegata, si “imbosca” con estrema facilità, tanto nella politica, quanto nell’economia e (fatto tutt’altro che recente) nel mondo dell’editoria.

C’è poco da essere sollevati, insomma, ci sono tutte le premesse per temere il peggio. Non a caso in questo numero abbiamo scelto di occuparci del “modello” ungherese e di descrivere la cavalcata di Viktor Orban negli ultimi tre lustri. Quali sono state le principali armi del suo successo politico? Soppressione della libertà di stampa e riforme costituzionali. Di solito si inizia con la prima, d’altronde il controllo dei media è un fenomeno del secolo breve, non lo scopriamo di certo solo oggi.

Abbiamo scelto di aprire il giornale con la storia di Julian Assange, per il quale si è aperto uno spiraglio di luce sulla sua incredibile odissea giudiziaria. Il caso Assange è emblematico, da un lato, dell’enorme potenziale democratico della stampa, dall’altro, della sua fragilità rispetto ai c.d. “poteri forti”. Noi crediamo nel diritto all’informazione, prima ancora che alle logiche securitarie e nazionaliste sostenute da chi vorrebbe i media completamente asserviti, obbedienti, uno strumento politico di propaganda piuttosto che una voce libera, democratica. In Italia, sotto questo aspetto, non ce la passiamo molto bene: non c’è ancora una forte censura (o meglio, siamo solo agli inizi) eppure buona parte della stampa nostrana non è libera… “per scelta”, aggiungerei.

Senza una comunicazione libera i cittadini perdono uno strumento importante per giudicare la realtà, per giudicare l’operato del potere, per fare le loro scelte: si crea un distacco, un vuoto, di fatto un tacito assenso. Ed è in quel distacco che bisogna operare, insistere; perché è su quel distacco (di cui il largo astensionismo elettorale è uno degli aspetti principali) che il potere fa affidamento per consolidarsi. Ripartire dalla politica, sicuramente, ma anche dalla stampa, dall’informazione, è una necessità, una delle poche armi rimaste per difendere la nostra democrazia dalle “novità del nostro tempo”.

Il direttore
Ugo Rodorigo